La valle dell’amore – Il nuovo romanzo di Giulio Buonanno

La valle dell’amore  (The Valley of Love) di Giulio Buonanno  Antipodes Edizioni, una grande storia d’amore vissuta da due giovani nei difficili anni della seconda guerra mondiale.

The story told in this book begins in the small town of Keansburg ,Monmouth County in New Jersey and draws inspiration from War stories of survivors of the Second War World. The main character is Kate a young woman that soon discovers the Love and lives an unforgettable summer. The upcoming war and other adversities lead Kate to split from her beloved Taylor. The two young have to face and overcome several obstacles that the war put them in front. Kate completes a pregnancy bitterly opposed by her mother and has to deal with society sexist prejudices. Taylor, enlisted in United States Navy, lives, like all soldiers involved, with death by his side in the waters of the Pacific Ocean, the scene of bloody naval clashes with the Japanese. The only contact between the two lovers is correspondence, but this is hindered by those who should protect it.

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ISBN: 978-88-96926-86-4    (Pagine 342 , il prezzo di copertina € 15,00)

Il romanzo lo puoi acquistare richiedendolo da qualsiasi libreria d’italia, sul sito della casa editrice http://www.antipodes.it e sui maggiori portali di vendita libri : AMAZON.IT  ecc. Se desideri una copia personalizzata con dedica dell’autore richiedila QUI

Kate conoscerà l’amore e vivrà un’estate indimenticabile. La guerra imminente e altre avversità la porteranno a separarsi dal suo amato Taylor. I due giovani dovranno affrontare e superare gli ostacoli che la guerra metterà loro davanti. Kate porterà a termine una gravidanza aspramente contrastata da sua madre e dovrà vedersela contro i pregiudizi di una società maschilista. Taylor, arruolatosi nella marina degli U.S, vivrà, come tutti i soldati coinvolti, con la morte al suo fianco nelle acque del Mar Pacifico, teatro di cruenti scontri navali con i Giapponesi. L’unico contatto tra i due giovani è la corrispondenza, ma anche questa viene contrastata da chi dovrebbe invece preservarla.

La storia narrata in questo libro inizia a  Keansburg, piccola città della contea di Monmouth nello stato del New Jersey, e   trae ispirazione da racconti di guerra di sopravvissuti alla seconda guerra mondiale. Tra loro,  vi è anche quello del padre dell’autore. I protagonisti di questa storia, alcuni realmente esistiti e altri di pura fantasia, si muovono in luoghi reali, in un periodo della storia umana rivelatosi tragico per molti popoli. Un olocausto di uomini, donne e bambini motivato esclusivamente da mire imperialiste che nella storia dell’umanità  sono destinate a fallire in breve tempo, se non accompagnate da atti democratici nei confronti dei popoli sottomessi.

La libertà di ogni individuo è un valore inestimabile, ma spesso e tutt’ora, viene calpestata da uomini ambiziosi, assetati di potere. Gli oltre cinquanta milioni di caduti dell’ultima guerra mondiale sembrano non aver insegnato nulla. Ancor oggi esistono “piccoli” e “grandi” dittatori che offendono la dignità dell’uomo, negando la libertà  ai propri simili e causando sofferenze indicibili. Basti pensare che proprio in questo momento, il Nord Africa è in fiamme: gruppi terroristici compiono atroci delitti in nome del loro “Dio”. Le tenebre sembrano essere scese nuovamente sulla terra accecando la ragione e alimentando l’odio tra le diverse comunità e religioni provocando un esodo biblico tra le popolazioni.

Nessuna religione può giustificare persecuzioni ed esecuzioni  sommarie verso uomini inermi e minoranze etniche.

Non immuni da colpe sono, tuttavia, i paesi evoluti. Nelle cosiddette “società moderne e democratiche” esistono sacche di povertà; di emarginazione assoluta dovute alla cattiva gestione delle risorse economiche. Le ricchezze della terra sembrano essere concentrate nelle mani di una minoranza la quale continua ad ignorare le sofferenze di milioni di persone. Questo stato di cose e l’eterna lotta tra religioni potrebbe, in un futuro prossimo, innescare una nuova guerra totale dalle conseguenze imprevedibili. Per questo motivo, il ricordo di certi tragici avvenimenti del passato, seppure inseriti in una storia d’amore, può contribuire,  anche se in piccola parte, a far riflettere che non è con le armi da fuoco  che si affrontano i dissidi, ma bensì con le armi della diplomazia.

Romanzi pubbicati dall’autore:

– (2007) Mare Nostrum – Libertà violata, Patti, Kimerik;
– (2009) La terza Impronta – Operazione bilancia, Patti, Kimerik;
– (2010) John Smith Il segreto della roccia di Manitu, Villalba di Guidonia, Aletti;
– (2011) Amore tra le stelle, Patti Kimerik.
– (2013) A Monte Carlo, Patti Kimerik
– (2014) Euristea La regina del mondo invisibile, Ebook Patti Kimerik
– (2015) La valle dell’amore, Palermo Antipodes

 

Leggi in anteprima l’inizio del romanzo:

 

        1.

‹‹No! Non mi fidanzerò con quel bell’imbusto che tu hai scelto per me! Mai e poi mai!›› gridò Kate all’indirizzo della madre, mentre a passo svelto percorreva gli ultimi metri che la separavano dall’uscio di casa.
‹‹Mai! Ho detto… Miseria ladra!›› esclamò nuovamente, sbattendo la porta d’ingresso e soffocando la voce della madre che la richiamava all’ubbidienza, rimproverandola per quel comportamento ribelle.
Kate uscì di casa convinta che non avrebbe potuto più avere, dopo quell’assurda richiesta, una convivenza pacifica con sua madre. Le liti, sempre più frequenti, venivano superate con tregue fatte di diversi giorni di silenzi, ma quel mattino era stato raggiunto un limite che Kate riteneva non più sopportabile. Il suo buon cuore e l’amore incondizionato verso chi l’aveva messa al mondo, la portava a limitarsi nei gesti e nelle parole. Era uscita di casa in quel modo proprio per non voler cadere nella tentazione di rivolgere frasi che avrebbero minato nel profondo, quel rapporto già giunto al limite.
L’estate del 1939 era arrivata con tutto il suo splendore e le strade di Keansburg, piccola città della contea di Monmouth nello stato del New Jersey, erano ravvivate dalla luce del sole. Le abitazioni avvolte per tutto l’inverno dal grigiore della nebbia, scintillavano ora sotto l’effetto dei raggi del sole, sembrando diverse, nuove.
Uomini e donne passeggiavano indossando abiti dalle diverse tonalità di colore, facendo somigliare le strade a lunghe aiuole fiorite.
Anche Kate, piccolo fiore, indossava un abito bianco adornato da ricami di margherite di colore giallo di cui alcuni si sviluppavano subito sotto il seno; altri prendevano forma all’altezza delle cosce e quasi sul bordo del vestito. Quest’ultimo terminava prima delle caviglie. Sul capo, un cappellino bianco decorato da un fiocco azzurro che scendeva sino al collo, confondendosi con i lunghi capelli neri.
Camminava tra la folla a passo svelto con animo inquieto, ma quando scorse la prima vetrina, incominciò a calmarsi e sostò, causando un piccolo ingorgo tra i numerosi passanti desiderosi di vivere all’aperto quei primi giorni d’estate. I suoi grandi occhi neri scrutavano la vetrina di turno: cappellini, vestiti, scarpe e altre novità incuriosivano quel fiore di ragazza. Da poco aveva compiuto ventitré anni. Nel pieno della maturità fisica, non poteva nascondere la sua bellezza, oggetto di attenzioni da parte degli uomini .
«Lo sa che ha degli occhi stupendi?»
“ Signorina mi permette di offrirle questo fiore? Vorrei farle da cavaliere!”
Frasi galanti e inviti spesso insistenti, caratterizzavano le passeggiate di Kate. Amava essere corteggiata, ma quando qualcuno diventava troppo sfrontato allora rispondeva “graffiando”.
Kate, figlia della Baronessa Clara Boné e discendente di una nobile famiglia francese trasferitasi in America alla fine dell’Ottocento, viveva la sua giovinezza con innocente spensieratezza che la madre semplicemente considerava sintomo di immaturità e superficialità e ciò innervosiva terribilmente Kate, diventando motivo di diverbio tra le due donne. Tali dissapori si erano acuiti ancor più quella mattina, poiché la signora Clara pretendeva dalla figlia meno frivolezze e più sobrietà. Da qui la sua decisione di farla fidanzare con James Stuart, un giovane rampollo di una ricca famiglia locale. Decisione dettata dalla paura di un imminente fallimento economico e quindi dal timore di dover rinunciare al tenore di vita cui era stata abituata sin da piccola. Difatti, nonostante avesse da sempre un carattere forte, il solo profilarsi all’orizzonte la possibilità di perdere quell’agiatezza gettava Clara in uno stato di sconforto e terrore. Nell’unione di Kate con James Stuart vedeva la soluzione ai suoi problemi economici e ciò le aveva fatto perdere di vista il suo buonsenso ed equilibrio indispensabili per un corretto rapporto con la figlia.
Ma Kate vedeva in James solo un buon amico d’infanzia. Inoltre non le piaceva affatto il suo modo di relazionarsi con gli altri. Dalla rigida educazione ricevuta dal padre, James aveva ereditato la capacità di esercitare un controllo perfetto su ogni singola manifestazione emotiva che potesse mostrare l’animo umano. Tale capacità ben si conciliava con la sua indole riflessiva e pacata, mai impulsiva. Al contrario Kate non aveva paura di lasciarsi andare e di vivere tutte le emozioni che un essere umano è capace di sprigionare. Ai suoi occhi il suo amico d’infanzia appariva a volte troppo freddo e distaccato e insondabile nei sentimenti; per questo motivo Kate non poteva sentirsi attratta da lui come donna, in quanto cercava e sognava un uomo in grado di scaldarle il cuore con un semplice sguardo.
La giovane donna doveva la sua educazione principalmente alla madre, poiché suo padre era morto precocemente quando lei era adolescente. Tuttavia, la donna non era riuscita ad insegnarle a trattenere le sue emozioni e ad essere più contenuta.
Ancor oggi Kate soffriva l’assenza di una figura paterna. Suo padre era stato sempre più permissivo nei suoi confronti e il più delle volte dolce e amorevole. Aveva sempre saputo ascoltarla e consigliarla; e quel profondo legame costruito con il padre durante l’infanzia, ora, le mancava terribilmente, provocandole a volte stati di ansia.
In quei primi giorni d’estate si recava spesso sul lungomare. Amava profondamente il mare poiché le dava una sensazione di beatitudine e di libertà, restituendole i tanti ricordi vissuti insieme al padre. A volte restava per ore ad osservarlo e ad ascoltare la sua “voce” sempre differente, unica e inconfondibile.
Il suo più grande amico; una presenza regolare, costante e unica per chi, come lei, era nata e vissuta vicino al mare. E solo dopo esser partita per frequentare l’università, aveva preso coscienza di quanto per lei fosse importante quella presenza e le lunghe passeggiate sulla spiaggia; le gite in barca; le ore trascorse ad osservare le acque cambiare colore sino a diventare oro nei tramonti. Ora era nuovamente lì, insieme al suo “amore”, il mare.
La pausa estiva le consentiva di rivivere nuovamente quelle emozioni impresse, in modo indelebile, dentro di lei. Ora sorrideva e gli occhi erano gonfi di quelle acque.
Lasciò il lungomare e si avvicinò alla battigia. Si tolse le scarpe e si chinò. Carezzò quelle acque più volte. Si bagnò poi la fronte, le gote e sorrise ancora una volta.
«Kate! Kate!»
Era Vera, la sua più cara amica. Una ragazza dai tratti orientali e di corporatura esile, discendente di una famiglia di giapponesi trasferitasi negli USA durante la gloriosa corsa all’oro. Aveva la passione per la fotografia e spesso portava con sé una piccola macchina fotografica. Anche quel giorno si era presentata da Kate con quel piccolo strumento appeso al collo.
Le due ragazze si salutarono abbracciandosi e scambiandosi baci.
«Allora domani vieni con me?».
«Sì!» rispose Kate e continuò chiedendo:«sicuro che non sarò di disturbo?»
«Nessun disturbo! Devo consegnare dei documenti al nostro gestore dell’azienda agricola per conto di mio padre. Papà è malato e ha affidato a me quest’incombenza. È una buona occasione per fare una gita in campagna dove potrò catturare anche qualche bella immagine e poi saremo di ritorno entro la serata».
«D’accordo! Però dovrò chiedere il permesso a mia madre».
«Non preoccuparti per questo, mia madre ha chiesto alla tua di farti venire con me. Ha acconsentito a condizione che facciamo rientro entro il tramonto».
«Capirai Vera! Mia madre crede che le giornate finiscono con il tramontare del sole…Miseria ladra!» esclamò Kate, togliendosi il cappellino dal capo e scagliandolo con violenza, sulla sabbia.
«Non devi arrabbiarti Kate, le madri sono tutte uguali…».
«Non è vero! Mia madre è unica, vuole sempre mettere becco in tutto quello che faccio, a volte ho la sensazione di non sentirmi mai veramente libera. Vuole sempre avere ragione lei e tu lo sai perché hai assistito a qualche nostra discussione. Non ho ragione?».
«Lo so che hai ragione, ma non devi fare così. Col tempo vedrai che tua madre si adatterà ai tempi e ti lascerà più libera».
«Spero che tu abbia ragione, amica mia. Stamane mi ha fatto andare fuori di testa perché vuole che mi fidanzi con James. Crede ancora di vivere nel Medio Evo, quando erano i genitori a decidere il futuro delle figlie. Uffa…Miseria ladra!».
Mentre Vera cercava di calmarla, Kate raccolse il cappellino sbuffando. Lo scrollò dalla sabbia e se lo ripose in testa. Riprese poi a camminare cogliendo di sorpresa Vera che dovette fare uno scatto per mettersi al passo di Kate.
Le due ragazze continuarono a parlare, prima animatamente e poi successivamente, quando i discorsi volsero verso nuovi argomenti, ripresero a sorridere godendosi quella giornata piena di luce.
Il sole era ormai alto e il lungomare, la spiaggia e i bar caffè erano pieni di gente.
I bambini testavano i primi giochi sia sul lungomare che sulla sabbia, lanciandosi la palla e schizzandosi e rincorrendosi tra la folla; causando le prime reazioni ai soliti insofferenti a quell’allegria infantile.
Kate e Vera si muovevano come due gocce d’acqua insieme a tantissime altre gocce, formando una marea umana mai vista prima.
Anche le rondini vollero partecipare in massa a quella festa d’inizio d’estate. Instancabili annunciatrici della bella stagione e del rinnovarsi della vita per tutte le creature della terra, si facevano protagoniste di un vorticare chiassoso, continuo e insistente fatto di voli intrecciati e radenti tra chi insegue e chi è inseguito.
L’eccezionale presenza di rondini sul cielo di Keansburg non poteva non causare problemi a quella massa di persone che passeggiavano sul lungomare. La caduta di escrementi dall’alto mieteva vittime tra la folla e tra queste, anche Kate.
‹‹Oh! Il mio vestito nuovo! Guarda che macchia Vera!››.
‹‹Porta fortuna!›› esclamò Vera ridacchiando, mentre con le mani cercava invano di proteggersi da quella inaspettata “pioggia”.
Una “goccia” e un’altra ancora colpì le ragazze che infastidite, decisero di allontanarsi da quella zona a passo svelto, ma dopo l’ennesimo “proiettile” il passo svelto si tramutò in corsa. Quella corsa tra la folla contagiò altre persone così che quel tratto di spiaggia si svuotò in breve tempo.
Il grande stormo di rondine aveva scelto quell’area del lungomare di Keansburg per riposare e rifocillarsi: l’ultima sosta prima di dirigersi verso le grandi città del Nord America.
Lasciare in fretta la spiaggia però, non fu per niente facile dato che bisognava superare una larga area costituita da basse dune di sabbia piene di arbusti e percorrere gli stretti sentieri che le persone avevano tracciato con lo scorrere del tempo, camminando per raggiungere il mare.
I vestiti delle donne, spesso, s’impigliavano tra i rami spinosi dei cespugli e ciò causava piccoli ingorghi nelle strette stradine di sabbia. Anche la fuga di Kate fu interrotta da un grosso ramo che forò l’orlo ricamato di quel vestito indossato per la prima volta quel mattino.
‹‹Dannazione! Cos’altro mi dovrà capitare stamane?›› si domandò la giovane donna, mentre cercava di liberarsi e limitare i danni al suo abito.
‹‹Perché vi siete fermate!›› urlò una signora di mezza età che seguiva le due ragazze.
‹‹La mia amica è rimasta impigliata con la gonna in un cespuglio››› rispose prontamente Vera.
‹‹E che aspetta a liberarsi?›› insistette la donna.
‹‹Aspetto il cavaliere azzurro signora!›› affermò ironicamente Kate, intanto che, piegata, cercava di liberarsi.
Proprio in quell’ istante una mano sfiorò quella di Kate e, con un rapido gesto, le liberò l’orlo della gonna da quel ramo.
‹‹Grazie signore!››
‹‹Prego!›› rispose l’uomo che già stava tre metri avanti alle ragazze.
Kate cercò di guardarlo in faccia, ma la gente che premeva per passare glielo impedì. Le rimase così solo il ricordo di quel lieve tocco sul dorso della mano sinistra e il tepore sentito. A nulla valse il tentativo di rintracciarlo tra le persone che riempivano quel tratto di dune sul lungomare di Keansburg.
Le due amiche, dopo aver rischiato per altre tre volte di restare impigliate, superarono finalmente le dune, dirigendosi a passo svelto verso le vicine giostre.


      2.
Il sole era all’apice quando Kate e Vera giunsero alle giostre: un piccolo parco giochi costituito da una ruota panoramica e altri giochi adatti ai più piccoli.
Sotto lo sguardo attento dei genitori, i bambini si rincorrevano spensierati dando sfogo a quella vitalità e gioia di vivere che solo un fanciullo possiede; una bimba, a cavallo del suo destriero bianco e con una piccola coroncina in testa, ordinava ai suoi piccoli amici, che lei in realtà riteneva suoi sudditi, di seguirla in quel viaggio fantastico.
Le due amiche si sedettero su una panchina all’ombra di un albero all’incrocio tra Car Ave e Beachway Ave, proprio davanti alla piccola giostra di cavalli.
‹‹Ogni volta che mi siedo in questo luogo provo un certo effetto›› disse Kate.
‹‹Perché?›› chiese Vera.
‹‹Devi sapere che proprio da queste parti fu sepolto Taylor Colman››.
‹‹È per questo che chiamano quest’incrocio “Ponte Colman”?››
‹‹Sì! Forse non sai che sino al 1609 questa terra fu dei nativi Lenape Lenni e quando la nave Half Moon, capitanata da Henry Hudson, approdò su questa costa Taylor Colman fu il primo europeo ad essere colpito da una freccia dei nativi americani. L’uomo venne sepolto proprio in questa zona che oggi è l’intersezione di Car Ave e Beachway Ave››.
‹‹Pover uomo… Fare un lungo viaggio per poi perire appena sbarcato! Davvero sfortunato!››
‹‹Sì! Un triste destino quello di Taylor Colman. Chissà quali sogni aveva, cosa l’avrà spinto ad affrontare l’ignoto…››.
‹‹Forse il desiderio di scoprire nuove terre e di rifarsi una nuova vita›› suggerì Vera.
‹‹Quale fosse il motivo erano uomini d’ammirare per il loro coraggio nell’affrontare terre sconosciute e quasi sempre ostili››.
Mentre le due giovani continuavano a parlare dei viaggiatori passati, una brezza incominciò a soffiare prima lievemente e poi aumentando la sua forza in un crescendo continuo. La forza del vento aumentò a tal punto che sollevò molta sabbia, sia dal lungomare che dalle dune. I granelli di sabbia sollevati, incominciarono a colpire tutto e tutti; i bambini abbandonarono i numerosi giochi rifugiandosi tra le braccia delle madri, mentre diversi ombrellini strappati dalle mani delle signore spiccarono il volo. Si stava materializzando una piccola tromba d’aria e quando questa si avvicinò alla battigia ci fu un fuggi fuggi generale. Anche lo stormo di rondini, ubbidendo a quell’allarme lanciato nell’aria, si mosse in sincronia allontanandosi dalla costa e dirigendosi nell’entroterra.
‹‹Bene! È proprio ora di far ritorno a casa!›› esclamarono quasi simultaneamente Vera e Kate.
Le due ragazze ripresero a camminare dirigendosi, a passo svelto, verso il centro della cittadina. Ogni tanto si voltavano a guardare quella forza della natura per assicurarsi che non le stesse seguendo.
Il vortice d’aria, seguito da una grossa nube di sabbia, percorse tutto il litorale di Keansburg per poi dirigersi al largo, scomparendo alla vista dei tanti cittadini che ormai avevano abbandonato il litorale.
Le case di Kate e Vera erano nella stessa strada, ma sul marciapiede opposto. L’una di fronte all’altra e adornate da alte piante, erano invidiate dagli altri residenti del quartiere. Tali abitazioni, costruite dai primi coloni, erano state ristrutturate e ampliate negli anni successivi. Gli abitanti di quella strada le chiamavano le case gemelle perché, tranne per qualche lieve dettaglio, erano praticamente identiche.
Quattro grandi colonne accoglievano coloro che vi entravano incutendo soggezione e la grande porta d’ingresso, in legno intarsiato, preannunciava l’eleganza degli interni. Costruite su tre piani e larghe circa trenta metri, svettavano per la loro imponenza.
Erano circa le tredici quando le due amiche raggiunsero le loro abitazioni e, prima di separarsi, si abbracciarono dandosi appuntamento per il mattino successivo.
‹‹Ciao Vera!››
‹‹Ciao Kate!››
Un ultimo sorriso prima di lasciarsi definitivamente.
‹‹Bentornata!›› esordì la madre di Kate con un tono di voce che faceva palesare il suo disappunto per quanto accaduto quella mattina; poi aggiunse con meno rincrescimento:‹‹ Tra dieci minuti è pronto il pranzo».
Kate non diede peso al tono della madre e, per non dare inizio ad una nuova discussione, rispose pacatamente accennando un sorriso; uno di quei sorrisi elargiti convenzionalmente, non spontanei e dati solo per rassicurare, ma senza una convinzione interiore.
‹‹D’accordo mamma, il tempo di cambiarmi d’abito e rinfrescarmi››.
La signora Clara accolse quel sorriso come un cenno di disponibilità e di distensione da parte della figlia e contraccambiò. Mentre Kate si cambiava d’abito indossando qualcosa di più comodo, Clara portò in tavola ciò che aveva cucinato. La signora Boné aveva dato sfogo alle sue qualità di brava cuoca preparando ciò che più piaceva alla figlia: la torta ai pinoli che era la sua specialità e un’insalata composta da pomodori, olive, carote, finocchi, sedano, banana e piccoli cubetti di formaggio stagionato.
‹‹Grazie mamma!›› esclamò Kate alla vista della torta ai pinoli.
‹‹Volevo farmi perdonare il mio comportamento di stamane…››
‹‹Ti prego mamma…››
‹‹No! Fammi finire. Forse non ti sei accorta che in questi ultimi anni le nostre risorse economiche vanno esaurendosi. Tuo padre non c’è più ed io non so più come fare per far fronte alle spese. Solo per questo motivo ho creduto di fare cosa giusta proponendoti un buon partito. Questo matrimonio ti garantirebbe un futuro più che dignitoso e, non mi vergogno ad ammetterlo, risolverebbe i nostri problemi economici. Devi sapere che i pochi soldi rimasti riusciranno a coprire un anno, forse due. E poi dovremo ipotecare la nostra casa per sopravvivere››.
‹‹Il mio cuore non è in vendita…Miseria ladraaa!›› urlò Kate pronunciando il suo disappunto e rabbia con la solita espressione che la caratterizzava quando era arrabbiata.
‹‹Non essere così drastica! Nessuno ti chiede di vendere il tuo cuore, ma solo di essere realista! L’amore verrà con il tempo››.
‹‹Ti prego mamma non insistereee!›› gridò Kate mettendosi in piedi e battendo i pugni sul tavolo.
Ma Clara trattenne Kate per una mano, prima che la figlia riuscisse ad allontanarsi dal tavolo e proferì: ‹‹Promettimi almeno che ci penserai. Domani ti concedo di uscire con la tua amica Vera. Sarà una giornata di svago, ma spero anche di riflessione per il futuro, il tuo futuro››.
La ragazza guardò la madre fissa negli occhi. Voleva “esplodere”. La rabbia era tanta, il rossore sul suo volto aveva raggiunto l’apice. Sospirò e rispose: ‹‹Sì! Ci penserò››. E troncò così quella discussione che altrimenti avrebbe potuto prendere una piega irreparabile per le due donne; un armistizio che Kate volle concedere alla madre anche se sapeva che non sarebbe durato a lungo.
Clara e sua figlia terminarono quel pasto senza più parlare, entrambe assorte nei propri pensieri. Una, presa dalle responsabilità di mantenere una casa e le relazioni acquisite senza sfigurare; l’altra, desiderosa di costruirsi una vita senza vincoli di nessun tipo.
Ora l’unico rumore in quella grande stanza era quello delle eliche del ventilatore. Un sibilo lieve, ma continuo. Le pale giravano lentamente sopra le teste delle due donne e spostavano l’aria con delicatezza. Una dolce brezza scendeva dall’alto agitando con una cadenza regolare, i petali delle margherite poste in un vaso al centro del tavolo, un piccolo ciuffo di capelli sulla fronte di Kate e il colletto ricamato della camicetta di Clara. Quel “balletto” sincronizzato continuò sino a quando, madre e figlia, decisero di alzarsi e abbandonare la tavola, lasciando solo le margherite a “danzare”.
Kate si ritirò nella sua camera al piano superiore, si lasciò cadere sul letto e chiuse gli occhi. L’ultima comunicazione della madre l’aveva turbata: mai era stata sfiorata dal pensiero di poter cadere in povertà.
“Un anno ancora, forse due” aveva detto la madre.
‹‹Non è giusto!›› esclamò, rigirandosi nel letto.
Un peso simile non avrebbe dovuto gravare su una giovane donna come Kate. Tuttavia, incominciò a insinuarsi nella sua mente; un tarlo che prendeva corpo e incominciava a minarne la personalità.
Gli occhi si erano bagnati e l’allegria lasciò spazio alla tristezza. Kate si rannicchiò per sentirsi più protetta, ma l’incertezza e la paura di non poter avere un futuro felice le fecero compagnia per tutto il pomeriggio.

CONTINUA: Pagine 342

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